Al termine di un lungo e acceso confronto, la procedura di licenziamento aperta lo scorso 13 maggio da Almaviva Contact si è conclusa nel peggiore dei modi, senza la condivisione di un accordo. Almaviva Contact procederà, pertanto, con i licenziamenti di 489 di cui 27 dislocati presso la sede aziendale di Milano, 12 presso la sede di Roma, 44 presso la sede di Napoli, 17 presso la sede Cosenza, 277 presso la sede di Palermo e 112 presso la sede di Catania.
A partire dalla sottoscrizione del precedente accordo del 7 gennaio 2025, ribadendolo con forza per tutta la durata della procedura di licenziamento, Almaviva ha sostenuto la propria indisponibilità alla sottoscrizione di un accordo di proroga di cassa integrazione oltre il 31 luglio, situazione prevista e contemplata dalla nuova normativa 2025, lamentando l’inconsistenza di progetti di riqualificazione e ricollocazione presentati dalle varie regioni coinvolte dagli esuberi dichiarati.
Eppure, nel corso di questi 75 giorni, la Regione Sicilia, seppur in mostruoso ritardo rispetto agli impegni assunti lo scorso 7 gennaio nell’accordo sottoscritto al Ministero del Lavoro, ha presentato progetti sia sul numero europeo 116117, sia su presunti percorsi di digitalizzazione, da realizzare entro fine 2025, che avrebbero potuto portare ad una potenziale riqualificazione di circa il 50% della forza lavoro siciliana.
Almaviva Contact ha continuato, e perseverato, nel dichiarare la propria indisponibilità alla proroga dell’ammortizzatore sociale, non dando assoluta valenza ai progetti presentati, in particolare dalla stessa Regione Sicilia.
Si è quindi giunti, al colpo di teatro finale.
Almaviva Contact, al 75simo ed ultimo giorno di procedura, ha aperto alla possibilità di concedere una proroga dell’ammortizzatore sociale per ulteriori 4 mesi, a condizione che il sindacato sottoscrivesse contestualmente un accordo di licenziamento coatto per tutti i lavoratori da a partire dal 30 novembre 2025. Tutto questo, in funzione di una possibile ricollocazione di circa il 50% dei lavoratori siciliani, senza comprendere con quali criteri poi decidere chi sarebbe stato ricollocato e chi no.
Come nella migliore tradizione “almaviviana”, si è palesato il ricatto al sindacato, la più classica strumentalizzazione sulle spalle delle lavoratrici e dei lavoratori. Ancora una volta, Almaviva si rende protagonista di licenziamenti, dopo essersi resa protagonista del più grande licenziamento collettivo che il nostro paese abbia mai subito nella sua storia (1666 dipendenti della sede di Roma nel 2016).
Le organizzazioni sindacali nazionali Uilcom Uil, Slc Cgil, Fistel Cisl, Ugl Telecomunicazioni hanno
rigettato il ricatto posto al tavolo dall’azienda.
Derogare ad un principio sancito in anni di storia, prevedendo e condividendo licenziamenti in
accordo con il sindacato, in cambio di una mancetta di incentivo all’esodo, pari all’importo dovuto dalla azienda per ticket naspi in caso di mancato accordo, al termine di ulteriori 4 mesi di cassa integrazione. Ovviamente l’accordo proposto avrebbe previsto una conciliazione con cui, in modo “tombale”, sarebbe venuta meno la storia professionale di ognuno dei 489 lavoratori oggetto della stessa procedura.
Inutile il tentativo di scaricare sul sindacato le colpe, per non assumersi, ciascuno per la sua parte, le proprie responsabilità. Le lavoratrici ed i lavoratori di Almaviva sanno chi ha aperto la procedura di licenziamento e sono consapevoli, in quanto vittime dirette, dell’impatto sulla loro vita delle decisioni di Almaviva.
Il Sindacato Confederale non potrà mai consentire di essere il capro espiatorio di errori del management aziendale o delle scelte, tardive o mancanti, da parte della politica, a tutti i livelli.
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